novecento

L'opera, polimeri sintetici e inchiostro serigrafico su tela, cm 101, 6 x 101, 6, composta nel 1964, è conservata in una collezione privata. 

Nei primi tre decenni del Novecento il panorama dell’arte europea viene letteralmente sconvolto dal fenomeno delle Avanguardie. Il termine indica l’insieme dei numerosi movimenti che, a partire dal 1905, si impongono sulla scena artistica internazionale. Nei primi tre decenni del Novecento il panorama dell’arte europea viene letteralmente sconvolto dal fenomeno delle Avanguardie.

Carrà nasce a Quargnento (Alessandria), da famiglia artigiana. Dopo aver esercitato il mestiere di decoratore murale, nel 1906 entra all’Accademia di Brera dove sviluppa un’esperienza figurativa di tipo divisionista.

Realizzazione 3D della Casa del Fascio di Como di Giuseppe Terragni. Video di David Vezzosi.

Già alla fine dell’Ottocento, il pittore norvegese Edvard Munch (1863-1944) aveva mostrato come lo stato di angoscia possa trasformare l’uomo in una maschera di dolore e di disperazione. Egli divenne, dunque, il principale riferimento della cultura espressionista tedesca e austriaca.

Il termine Postmoderno è stato coniato alla fine degli anni Settanta per indicare un atteggiamento di rifiuto nei confronti della cultura razionalista e di quella derivata dalle ricerche d’avanguardia, che avevano segnato gran parte del XX secolo. Questo fenomeno ha riguardato molti settori artistici.

Il museo Guggenheim sorge tra la quinta avenue e la 89esima strada, in mezzo all’isola di Manhattan a pochi passi dal Central Park. L’edificio a spirale concepito da Wright è una sfida aperta alla rigida griglia New Yorkese. All’esterno il museo appare come un UFO in mezzo ad una selva di grattaceli e alberi. Nel 1924 Wright aveva progettato un edificio a spirale per la località di Sugarloaf Mountain.

Giacomo Balla (1871-1958) partecipò attivamente alla stesura dei programmi teorici del Futurismo. Dopo un periodo realista, intorno al 1912, e dietro sollecitazione dei suoi amici futuristi, soprattutto il fotografo Bragaglia, studiò la dinamica del movimento e i suoi effetti visivi.

Giorgio De Chirico (1888-1978) fu il principale protagonista della pittura metafisica. Nato in Grecia da famiglia italiana, dal 1906 fu a Monaco, entrò in contatto con l’Espressionismo e con esponenti dell’arte simbolista; per questi ultimi, il recupero del mondo classico aveva il sapore della nostalgia per un passato perduto.

Metafisica, il nome lo dice, è andare oltre la fisica, è la consapevolezza che l'eroismo è finito, che il soggetto eroico è definitivamente perduto, che lo stesso eroismo dell'Arte viene a mancare e l'Arte, dunque, diventa addirittura memoria privata, un passatempo. Il dipinto ci presenta una piazza, nella quale sono collocati vari personaggi e oggetti di natura diversa; nel fondo c'è un castello, il Castello estense, ma non è l'unico edificio presente: sulla destra ancora una costruzione immersa nella penombra, sulla sinistra, in un angolo, delle fabbriche con alte ciminiere.

In primo piano vediamo due personaggi che richiamano il grande tema della figura della pittura monumentale, ma immediatamente ci sconcertano, perché il loro aspetto non è quello di uomini o comunque figure umane, ma è l'aspetto di manichini o statue. A sinistra, in primo piano, il primo manichino, in piedi, appoggiato su un basamento circolare, dalla vita in giù, come una statua greca del periodo arcaico, rende assolutamente irriconoscibile l'anatomia che nasconde ed è fortemente marcato dalle profonde scanalature delle pieghe dell'abito mentre dalla vita in su si riescono ad individuare le spalle, il dorso di un persona in sembianze umane, vestita da un drappo che, appoggiato su una spalla, lascia completamente scoperta l'altra.
La lettura dell'immagine si complica quando, arrivati al collo, troviamo una massa nera che dà l'impressione di qualcosa di ligneo o di verniciato, che ha ben poco a che vedere col collo di un uomo e ancor più la testa, che addirittura sembra un birillo o addirittura ancora una palla da footbal, impunturata o trafitta da tagli che ben poco hanno di umano.

Il secondo personaggio è ancora un grande manichino, goffo nelle forme, sproporzionato se è rafforzato dalle dimensioni di un uomo, seduto questa volta su una grande scatola blu, le braccia conserte in grembo, una figura vagamente di sapore femminile, data la rotondità del torace, ma immediatamente inquietante, perché, proprio all'altezza dello stomaco, forata e assolutamente cava all'interno. Di nuovo all'altezza del collo c'è un elemento che poco ha a che vedere con la figura umana: un piolo o un birillo ligneo. La testa è staccata dal corpo ed è appoggiata a terra, accanto alle gambe, o base di statua o comunque elemento verticale, fortemente scanalato, anche qui di sapore Greco-arcaico.

La testa, dicevamo, appoggiata a terra, ha tuttavia ben poco di umano: è un pezzo di legno sagomato a forma di uovo, con due cavità centrali che devono far pensare alle cavità orbitali e delle fessure tagliate simmetricamente a destra e a sinistra, che rimarcano la spigolosità di quest'oggetto, diviso a metà simmetricamente da una linea verticale. In primissimo piano c'è ancora un'altra scatola, sfaccettata e decorata da colori, stesi in maniera piatta, e ci sono ancora altri oggetti, come un bastoncino di zucchero colorato, diritto, poggiato per terra tra l'uno e l'altro dei due personaggi. Sulla destra, a metà dello spazio,nella zona d'ombra, un terzo personaggio, una statua o forse il calco in gesso di una statua, abbigliata alla maniera classicheggiante .Ritorniamo al pavimento della piazza e osserviamo che si tratta di un pavimento ligneo, scandito da lunghe scanalature verticali, che si solleva, rispetto agli edifici che sono nel fondo, quasi fosse un ponte levatoio che si sta alzando o, forse, la tolda di una nave o, addirittura, un palcoscenico e, forse, il palcoscenico ritornerà in seguito nella lettura di De Chirico.

Il Castello estense fa da quinta a questo grande palcoscenico che la piazza lascia immaginare ed è proprio quinta teatrale, quest'edificio che può sembrare fatto di cartapesta, con tanto di torrioni e di bandiere sventolanti, con un corpo di fabbrica sulla sinistra, dalla forma non precisata è, ancora, nell'angolo, affiancato da officine con alte ciminiere. Tutto il dipinto è pervaso da un colore rosso, che appartiene sia al pavimento sia alla testa di manichini e ai manichini stessi, con pennellate sovrapposte al giallo dei loro corpi sia ai corpi di fabbrica si ha quasi la sensazione di assistere ad un incendio un incendio che è nell'aria, forse il tramonto, per queste ombre lunghe che si allontanano misteriosamente. E' proprio il mistero, anzi l'enigma il tema centrale di questa opera "Le Muse inquietanti", inquietanti perché irriconoscibili, inquietanti perché lontane da una qualsiasi realtà catalogabile, inquietanti perché trattate con un cromatismo cristallizzato che rende estranei a ciò che avviene sulla scena, la scena, appunto di un palcoscenico. Non c'è denuncia, non c'è Rivoluzione, non c'è boicottaggio, c'è piuttosto un allontanarsi dalla realtà, evidentemente vissuta come estranea e allora la risposta dell'artista è proporre una nuova realtà, altrettanto estranea, ma questa volta perché insondabile o forse vuota, internamente cava come manichini voluminosi ingombranti all'esterno ma senza corpo dentro: è la verità di un momento storico di grande travaglio, la fine di un conflitto mondiale, che ha visto buona parte degli intellettuali schierarsi pro o contro, vede in De Chirico il rifugiarsi in un mondo tutto suo, un mondo probabilmente recuperato dall'infanzia, dove giocattoli e dolcini riproducono il sentimento confortevole di un mondo ovattato ma allo stesso tempo perduto per sempre.

La lontananza dalla realtà è lo specchio della lontananza dalla guerra.

La Metafisica, arte di cui De Chirico è dicitore più importante, deriva il suo nome dal greco "tà metà tà physikà"  "di là dalle cose fisiche" oltre il mondo fisico, naturale; vuol dire  ricreare una realtà con oggetti, se mai, riconoscibili uno per uno, ma non certamente riconoscibili nell'assemblaggio che di essi fa l'artista.

Una piazza, assolutamente deserta, nella quale manichini, scatole, oggetti freddi, inerti, si perdono, anche se  sono in primo piano, perchè  ingoiati dalla assoluta staticità di un tempo che esce fuori dal controllo dell'ora,  è un tempo che non viene scandito da un orologio. L'uso di queste linee, rigidamente sovrapposte al colore, pietrifica l'atmosfera ,il colore stesso, gli oggetti, pietrifica come è pietrificato il cuore di chi ha dovuto farsi spazio  negli orrori di una situazione politico-sociale inaspettata ,assolutamente indesiderabile, tragica, come sarà quella del conflitto mondiale e, allora, tutto ciò che appare non è altro che recita.

Troviamo in de Chirico la stessa poetica che Pirandello espone nelle sue opere: la persona è personaggio, il volto è maschera, la vita è recita, il mondo è palcoscenico, le cose del mondo oggetti di scena, impossibilità di vivere una vita universalmente riconoscibile "Così è, se vi pare" "Sei personaggi in cerca d'autore" "Le Muse inquietanti" " Il tempio fatale" " Archeologi".  Ritorna in de Chirico sempre il tema  del manichino, il tema della testa vuota, ritorna in de Chirico la contrapposizione violenta tra la figura umana legnificata e il tempo che si ferma inesorabilmente cristallizzato.

Gli spazi infinitamente dilatati, non misurabili: ecco l'enigma!

L' enigma nasce proprio dalla impossibilità di misurare lo spazio-tempo. Questo produce ansia, produce volontà di estraniamento: la Metafisica non è un'arte di Rivoluzione, la Metafisica è un'Arte di intellettualità pura; è l’ emergere da tutto ciò che potrebbe essere valutazione del presente in questa o in quell'altra ideologia.

Nel 1964 Hans Sharoun vinse il concorso per la costruzione di una grande Biblioteca a Berlino Ovest, a pochi passi dal muro che divideva la città. La Biblioteca, insieme alla Filarmonica progettata sempre da Sharoun e alla Galleria Nazionale progettata da Mies Van der Rohe, formano un’acropoli dell’architettura moderna.

Nel 1917 nacque in Olanda il movimento De Stijl. Principali esponenti furono i pittori Theo Van Doesburg (1883-1931) e Piet Mondrian, lo scultore Georges Vantongerloo  (1886-1965), gli architetti Jacobus J. Oud (1890-1963) e, dal 1919, Gerrit Thomas Rietveld (1888-1964).

Il primo Novecento

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Le Avanguardie rivoluzionano arte e società

Nei primi decenni del Novecento, mentre trionfa la Belle époque, il panorama dell’arte europea viene letteralmente sconvolto dal fenomeno delle Avanguardie.

Surrealismo
Salvador Dalí, La persistenza della memoria, 1931. Olio su tela, 24,1x33 cm. New York, Museum of Modern Art

Juan Miró (1893-1983) rappresentò nelle sue tele un mondo immaginario fatto di segni astratti e di figure fantastiche. Le forme si sovrappongono, si accostano tra loro, sospese in uno spazio vuoto. Sembrano scaturire dal sogno, eppure derivano della memoria, che l’artista ha tradotto in immagini attraverso un’opera.

Gli eventi drammatici della Seconda Guerra Mondiale hanno determinato un disagio profondo nella società. La violenza e la distruzione avevano lasciato dietro di sé una generale insicurezza. Però, si verificò una rapida crescita produttiva e dei beni di consumo, che modificarono le abitudini di vita di tutti.

L’arte dei graffiti ha avuto origine negli Stati Uniti alla fine degli anni Sessanta. Essa si è diffusa a partire dai quartieri poveri delle aree metropolitane, espressione del disagio delle giovani generazioni. Si è evoluta in Street Art, accogliendo anche stickers, collage, disegni preparati al computer.

La villa Savoye è il manifesto della casa razionalista. Le regole per la costruzione della casa razionalista sono dettate dallo stesso Le Corbousier in cinque punti.

L'opera, Ready-made, ferro da stiro con chiodi saldati sulla piastra, cm 16 x 10, realizzata dall'autore nel 1921 - 1963, è conservata in Collezione privata a Chicago.

Man Ray (1890-1976), nato negli Stati Uniti da famiglia russo-ebraica, fu artista poliedrico: si dedicò al design, alla pittura e alla fotografia. Entrato in contatto con l’avanguardia europea, esordì in ambito cubista; determinante, però, fu l’incontro con Duchamp a New York, con il quale raggiunse Parigi nel 1921.

Realizzato nel 1907, il quadro Les demoiselles d’Avignon rappresenta una svolta fondamentale nell’arte del ‘900, dando avvio alla stagione cubista. L’opera di Picasso non aveva in origine un titolo preciso e fu oggetto di numerosi studi da parte dell’artista.