Storia dell'arte

Le meraviglie dell’artigianato

Nel Settecento l’artigianato ha assunto in tutta Europa un ruolo di spicco: mobili intagliati o lavorati ad intarsio, porcellane, vetri e specchi, figurazioni in gesso, lacche arricchiscono le regge o le dimore aristocratiche e borghesi.

I laboratori artigiani specializzarono la loro produzione, collegandola all’attività di altri operatori: architetti, arredatori, quadraturisti, stuccatori, pittori. L’architettura, infatti, era concepita in stretta integrazione con gli arredi e i preziosi apparati decorativi. Particolarmente ricca è la produzione legata al gusto rococò: le fantasiose decorazioni ispirate a questo stile arricchiscono dapprima le forme sfarzose dei mobili tardo barocchi, quindi, a partire dal terzo decennio del secolo, si sovrappongono a volumi sempre più rigorosi.

L’arte del mobile e dell’intaglio

La diffusione dell’arte del mobile nel Settecento è dovuta sia alla dimensione delle dimore aristocratiche, sia all’affermazione dell’appartamento borghese nelle città. Nel corso del secolo il mobile si modificò sia nelle forme, sia per le tecniche costruttive. Si diffusero nuovi modelli: tavoli, scrivanie, angoliere, sedie, divani e poltrone, talora più piccoli, perché potessero trovare posto negli appartamenti di città. La produzione di maggiore interesse fu quella della Francia. Qui il mobile assunse forme composte, sia pure arricchite da una fantasiosa decorazione ad intagli e ad intarsi. Alla corte di Luigi XIV vennero elaborati modelli fastosi, con decorazioni simmetriche; seguì il periodo Reggenza, con forme più rigorose, ed una nuova fase di ricchezza ornamentale sotto Luigi XV, con motivi floreali e suggestioni esotiche. Alla fine del secolo prevale il gusto neoclassico. In Italia gli echi del gusto francese furono decisamente avvertiti, soprattutto in Piemonte, a Genova e a Venezia. Nella città lagunare spiccano i mobili ad intaglio della bottega di Andrea Brustolon (1660-1732).

Andrea Brustolon, Tavolo portavasi in legno di bosso ed ebano.

L’arte dell’intarsio

L’intarsio consiste nel fare aderire su un piano parti sagomate in legno o in altro materiale, dette tarsìe, di diversi colori o di diverse sfumature di uno stesso colore, in modo da comporre disegni geometrici o figurativi. Si possono utilizzare pietre, legno, avorio, ecc. Questa tecnica, già conosciuta nelle civiltà antiche, aveva avuto particolare fortuna nel Rinascimento. Nel Settecento essa raggiunse un altissimo livello artistico, e fu adottata particolarmente per decorare mobili, scrigni, ante, stalli di cori nelle chiese, pavimenti. Accanto alle essenze più diffuse (ebano, noce, acero, mogano, pero, olivo) se ne aggiunsero altre esotiche (palissandro, mogano) e quelle di arbusti (legno di rosa, di viola e di bosso). Nel repertorio figurativo prevalgono ornamentazioni geometriche, stemmi araldici, soggetti floreali, figure sacre; nei pavimenti, le diverse sfumature del legno creano sorprendenti effetti di profondità. Esemplari sono, in Italia, le opere di ebanisteria e di arredo realizzate per i Borboni del Regno di Napoli, mentre a Torino si distinse l’opera di Pietro Piffetti per la corte sabauda. I suoi mobili sono arricchiti da intagli e intarsi con preziosi materiali (tra i quali spiccano la madreperla e l’avorio) su sfondo scuro. Celebre è il suo arredo per il gabinetto della Regina nel Palazzo Reale di Torino. A Milano operò Giuseppe Maggiolini (1738-1814), che nelle decorazioni per il Palazzo Reale segnò l’evoluzione dallo stile rococò a quello neoclassico.

Giuseppe Maggiolini, Cassettone del XVIII secolo. Milano, Civiche Raccolte d’Arte Applicata e Incisioni del Castello Sforzesco.